Ragonesi Pippo
BIOGRAFIA. Pittore, grafico. incisore, ceramista nato a Belpasso. Da oltre 27 anni ha svolto una ininterrotta e ricca attività artistica, integrata dall’insegnamento negli Istituti d’Arte di Udine e di Caltagirone, nel Liceo Artistico di Catania ecc. E stato presente nelle maggiori manifestazioni artistiche della sua zona e anche fuori dalla sua terra d’origine a Latisana, Cividale (I Longobardi), Udine, Bari, Roma. sia in mostre personali che in collettive riscuotendo consensi di critica e di pubblico ecc. Allievo di Elio Romano, Carmelo Marchese, Piero Guccione, non smette di stupire con ciascuno dei suoi lavori, materializzazioni di un travaglio interiore niente affatto prossimo ad acquietarsi. Hanno scritto di lui Roberto Carnevale, Angelino Consolo, Vito La Piana, M. Rosa Vitaliti, Loreley Rosita Borruto,Paolo Giansiuracusa. Fiore Torrisi,MarioOStorai. Domenico Cadmo. Mimmo Cavallaro, Francesco Nino Nicita, ecc. Dal luglio ’90 ha dato vita, concentrandovi le sue energie, al Centro Culturale ‘Risveglio” di cui è il Responsabile Artistico. Dopo l’Accademia di Belle Arti ha percorso vari campi della conoscenza e incontrato grandi maestri di vita (Maharischi Mahesh Yogi, Ram Prakash Sharma Yogi, il dottor Alfredo Ali e Michael Barnett). Continuando a sperimentare e a sperimentarsi. aiuta chi lo incontra a ritrovare la propria consapevolezza ed autosufficienza. attraverso la gioia e la pittura. Nel Centro Culturale “Risvegli” porta avanti la “Painting-Yoga”. Ragonesi nelle sue opere riesce a trasportare forme reali in un cosmo senza confini.
RECENSIONI.
L’arte non è imitazione della natura, né una semplice espressione e nemmeno una creazione nel senso proprio del termine. Ciascuna di queste ipotesi è insufficiente in se stessa, ma tutte tre insieme costituiscono le tappe obbligate di una dialettica completa.L’arte di Pippo Ragonesi risponde pienamente a questi canoni fondamentali.Ha una visione a volte lineare, a volte con intrecci ed ha, come punto catalizzatore, la ricerca del colore e l’approfondimento dei valori emozionali, i quali reagiscono e variano con la stesura del colore, a volte grave e deciso, robusto, terso e incombente quasi a sottolineare e ad incidere la mutevolezza dei sensi che riflettono la realtà dell’animo umano.La padronanza del segno e il controllo dei valori timbrici lo portano alla realizzazione d’euritmiche ed efficaci composizioni, mentre la sua spiritualità, in alcune tele, non sfugge alla semantica simbolistica e metafisica che stagli l’autore in una posizione di conoscenza e di studio dei valori umani con richiami alla classicità con i suoi manichini e i ritratti senza volto dell’uomo-automa contemporaneo. Un’arte che trae origini da un’eredità lasciata a lungo sotto terra a macerare e a maturare per poi nascere impetuosa ad incidere un’orma profonda sul piano inclinato di questo nostro “Fin de siecle”, dove tutto scivola per andare verso il nulla. L’arte del Ragonesi è una purificazione metaforica mai completa, mai metodica, mai monotona, in modo da non rendere mai definitivo, il discorso dell’arte, per poterlo sempre prorogare, riproporlo, cangiare rimandare ad una indeterminazione concettuale e formale, che possiamo definire la vocazione dell’universale. A volte sembra posseduto da astratti furori, quei “furori” che non hanno oggetto in apparenza e sembrano solo felici accostamenti cromatici, ma poi si scopre che lo hanno nel profondo, oltre il visibile, in ciò che sembra incerto e incoerente.A volte è evidente, invece, una intesa ricerca interna ed esterna fatta, diremo, d’impasto alchemico di sostanze vitali, personalità, desiderio dell’ignoto, del nuovo e l’amore struggente per il già noto, per il classico, per i luoghi natii. Un arcipelago il suo, mai letterario, mai menzognoso o stucchevole, ma fatto di trame utopiche di soffice incanto.Itinerari che non si svolgono mai per percorsi rettilinei dagli schemi semplici o per moduli precostituiti e quindi la sua arte non è disposta ad essere omologata a scuole o tendenze regolate da modelli codificate.La pregnanza dell’opera di Ragonesi non è necessariamente connessa né ai valori culturali né ambientali, né tecnologici dalla nostra civiltà altamente industrializzata. Le fughe in avanti di certe avanguardie esasperate o il koinè siculo nostrano trito e ritrito o il linguaggio interprete dello Zeitgeist ( cioè che debba necessariamente riflettere “lo spirito dei tempi”, l’arte, il clima, la cultura, la spiritualità dei nostri tempi ) vengono frenati dall’arte di Ragonesi, che rende possibilissimo ed esplicito l’apparente precario equilibrio tra passato, presente e futuro ( quest’ultimo sempre nei margini ancora duttili e incerti ) e dà spessore e coerenza ad una ricerca difficilmente ripetibili, in altri massificata e precostituita. Nelle sue tele a volte si riscontrano le tonalità accese di Guttuso, a volte il soffuso clima naturalistico di Piero Gruccione e del felice ritorno figurativo di Elio Romano, Carrà, ” elaborare da esperienze pittoriche dall’espressionismo al fauvismo culturalmente filtrate, sobriamente sentite e non sempre violentemente espresse”, per dirla con Antonio Oberti. Il gioco compositivo anima il suo lavoro, mette in relazione realtà ambientali attuali con realtà colte con un gioco surrealistico e a volte metafisico di personaggi, ambienti e figure simboliche che animano la tela con reinvenzione e marcati e mercati cromatismi che accentuano lo sviluppo delle forme in maniera rilevante, proiettando tutta la sua partecipazione emotiva. Alcuni oli sono ricerche astratte che si caratterizzano per il segno gestuale- lirico con larghe pennellate, vere e proprie sottolineature cromatiche anche se è possibile una lettura interpretativa, riconoscendo le più intrinseche emozione e le introspezioni dell’immagine, come realtà indefinibile, che ha per fine la coincidenza dei sensi e dell’intelletto, della luce del segno e del colore. Il segno e il colore, quindi, sono così ricondotti alla loro funzione originaria di “scrittura” perfetta e puro suono dell’interiorità. Queste coordinate di Ragonesi con lo scambio continuo tra realtà e illusione, ma anche tra il soggetto e l’oggetto ( Manichino più anfora ) e il suo doppio (nudo con manichino ) tra il soggetto e il suo triplo ( nudo di donna tridimensionale ), tra l’oggetto e la sua rappresentazione. E così l’incrociarsi e il sovrapporsi dei diversi livelli di operatività consente allo spettatore pur nel controllo e nel rigore dell’opera, di inserirsi attivamente nel processo di costruzione dell’immagine e di sfruttarne i molteplici itinerari temporali e della kinesis ( movimento ) pronunciata dei manichini, così da trarre dall’immagine parole e linguaggio. È una pittura che non lusinga quella di Pippo Ragonesi, illuminata del bagliore dei colori, quasi sempre complessa e che genera, chiamando in soccorso la forza del sogno e contemporaneamente quelle del rigore intellettuale, anche paesaggi, sereni, creature alate (o donne- farfalle?) che tentano di liberarsi dalla materia, forme metaforiche e creature tra l’organico e il meccanico, come progetti che si snodano sulla tela per compiere il percorso pittorico con la lucidità di chi, momento dopo momento, vuole sottoporre la propria pittura alla verifica dei meccanismi che ne consentono l’immagine in modo esplicito o metaforico suggerendo e trasferendo inconsapevole fascinazione alle sue tele e conseguentemente al “ lettore “.
Francesco Nino Nicita